Tante retoriche e generalizzazioni si fanno su Cuba, poca l’informazione attenta e consapevole, anche tra chi un tempo occupava le piazze per solidarietà contro l’embargo e che oggi, insieme a tutti gli altri, non sa far altro che recitare a memoria i mantra della stoltezza politica che vanno per la maggiore nei salotti teleglobali.
“Non so in Italia, ma da noi il centrosinistra si dice d’accordo a mantenere le misure di austerità e a proseguire le privatizzazioni, solo più lentamente. Ma se dovete essere comunque strangolati, il tempo non fa la differenza”
Ken Loach
Finita l’era delle etichette ideologiche, possiamo smettere tutti, finalmente, di parlar di comunismo e tornare a occuparci concretamente di destino sociale umano.
Posso svegliarmi oggi e fregarmene del destino degli altri, pensare che un sano liberismo applicato alla società operi una naturale selezione del merito, dell’avanzamento o arretramento sociale possibile.
Eppure io, eventuale manager di chi sa cosa, non posso evitare di esser sottoposto alle leggi della jungla della nuova scarsità che avanza. Sono avvelenato anch’io dalla sfera ambientale che mi sovraccarica al limite, posso anch’io finire drasticamente gambe all’aria come tutti quanti, come certi allegri ubriaconi (troppo pochi, per la verità) di Wall street che credevano di dominare il gioco del mondo.
La società che ti chiede l’anima, che ti sfratta dal lavoro per una questione di numeri in coda, che abbatte i tuoi diritti conquistati, è un pericolo per tutti, per il pianeta inteso come organismo, innanzitutto.
A Cuba, fuor di retorica, sopravvive concretamente il valore del bene comune, soltanto per questo il caso meriterebbe d’esser da noi approfondito.
Certo non è necessario copiare un modello socio-politico nella sua interezza, e comunque la tanto accusata dittatura cubana è una ben strana forma di controllo sociale, giacchè chiunque può rendersi conto di come e quanto la gente per strada parli apertamente e liberamente di ciò che non va nella “casa comune”. E che oggi cominciano a sfilare indisturbati per Havana i cortei dell’orgoglio omosessuale che reclamano diritti. Per non parlare delle riforme che lo stato sta operando in vari e vasti settori dell’elefantiaco apparato statale, delle riconversioni utili di lavoratori in eccesso, dell’ultima legge che consente a chiunque di ottenere un visto per l’estero.
A Cuba un cinquantennio di embargo internazionale che tuttora continua inutilmente a far danni ha abituato i residenti a studiare diversi modelli di cooperazione e commercio internazionale, di auto-sostentamento alimentare, questi ultimi sono ancora in gran parte fondati sulla coltivazione intelligente della terra, sulla diffusione del consumo di energia da fonti rinnovabili.
Ci sono molte capanne di frasche nelle campagne che ospitano pannelli solari sui tetti. C’è anche un certo nuovo benessere creato dalla piccola o grande iniziativa privata soprattutto nel turismo, con conseguente corsetta verso il benessere, il consumo, ma qui c’è ancora un’anima salda, radicata, che sa conservare se stessa. A Cuba c’è un tasso di criminalità tra i più bassi al mondo.
E questi sono temi su cui giocoforza la nostra società dovrà tornare a far ragionamento, prima o poi. Lasciare la produzione energetica e agricola nelle mani delle grandi concentrazioni di produttori e distributori genera guasti e paradossi intollerabili che ci sfilano continuamente le risorse dalle tasche. Come il fatto, tanto per citarne uno, che frutta e verdura sono messi in vendita dai supermercati a tre o quattro volte il prezzo che potete trovare nei mercati rionali delle città.
A Cuba resiste, sostenibilissimo, uno dei migliori sistemi sanitari del mondo, che anche i Dem americani vanno tuttoggi a studiare. Tutto è basato sul concetto di educazione e prevenzione, un’ottica vincente che fa risparmiare uno sproposito di bilancio statale, tra l’altro. Potremmo parlare a lungo. Resta il fatto che i cubani sono più temprati e attrezzati di noi per sopravvivere in tempi di scarsità.
Finiamo col dire che nelle campagne cubane si incontra la gente migliore del mondo, credetemi, animata da un vitalismo passionale e generoso che talvolta lascia sbalorditi. Hanno conservato qualcosa che a noi è venuta a mancare, che era forse patrimonio dei nostri nonni e che oggi abbiamo completamente perduto. Erano altri secoli, davvero, che sembrano esser trascorsi, tra quando eravamo poveri e adesso che non si capisce più bene, che stiamo facendo velocemente il percorso di ritorno da una ricchezza che si eclissa.
Vedi tu la storia delle idee che pensano, il vecchio comunismo morto e sepolto, quant’è più avanti di noi nell’interpretazione del futuro che avanza. E riesce a guardare e riformare se stesso, altro che società occidentali che marciano “fiscalmente compatte”, libere solo ormai di far quadrare qualche conto di condominio a fine anno.
Il videoclip è una fantasia di scene di strada e natura, colte in un sensuoso viaggio di tre anni fa.
Tornando da Cuba vissi un momento straniante: da un bus stracarico osservavo un tizio blindato nel suo suv, che si sbracciava e litigava con qualcuno via cellulare dando manate al volante e pestate di clacson come se dovesse scaricare sulla folla chissà quale furia. Mi sembrò assurdo e alieno e incivile, e ancora oggi le braccia accoglienti della gente cubana mi mancano da morire
Torneremo a quelle braccia, malgrado noi, quando non si sa, e soltanto dopo sbattuto sonoramente e con dolore il deretano sociale in terra.