Odio quelle bianche, sempre troppo secche e ti si sfasciano sotto come brutti crakers montebovi.
Quelle con la bufala, poi, trasudano siero e la base ti si smoscia tra le labbra protese un istante prima di affondarci i denti.
Quelle con le verdure, non ne parliamo nemmeno. Metti i broccoletti, finisce sempre che ci trovi una minuzia di aglio che ti si infila lato capsula proprio in coda all’ultimo boccone, quello che eterna in sottofondo nella post-degustazione.
Ecco, come fai a spiegarlo alla ragazza che risponde con voce entusiasta:
“Pizzasprint buonasera, sono Giada mi dica…!!”
Come puoi dirle che hai cambiato idea all’ultimo momento e forse di fiori di zucca ne vuoi due invece di uno, o forse invece solo il supplì, vai a sapere oggi come li fanno e dove li surgelano, i supplì, e se qualcuno ancora ci mette la carne nel dannato sugo.
Benedetta Giada, cristo santo, è una giornataccia e non è ancora finita, è tutto il giorno che faccio avanti e indietro tra cumuli di spaventose ambivalenze.
E sono rientrato in casa come un non vedente col cane scappato, ho scardinato con un passo al buio tutta la babele di triple che tenevano unite le mie attrezzature elettroniche sull’unica presa raggiungibile senza prolunga e sono ancora lì in piedi, un po’ addolorato e affamato, con la cornetta in una mano e il menù colorato nell’altra.
Pare facile scegliere la pizza.
Comunque dice Giada che ci vorrà un po’ di tempo, che i ragazzi sono tutti fuori, lo dice con una bella voce allegra e un timbro tutto scoppiettante.
Fa: “Seeee…mmm…seeee…”, e ripete gli ordini che dai, accenta tutte le finali tipo pizza-alla-parmigia-nà, birra-moret-tì!, mentre dietro di lei, stranamente, c’è totale assenza di quei suoni che ti puoi aspettare da una pizzeria nell’ora di punta.
Niente bicchieri, niente piatti, niente brusio, niente ordini strillati da un tavolo all’altro. Deve aver cambiato gestione la pizzeria, pensi, sembra un obitorio con delle voci sullo sfondo molto soffuse e compunte. Tra lo chic e la sagrestia, proprio.
Poi a Giada, in definitiva, non glie ne frega niente delle menate che non le confessi, Giada ha la testa sulle spalle, ti consiglia di non prendere i fritti perché la cucina ha chiuso e sono rimasti solo quelli mosci di un’ora fa.
Precisa e concisa, così si fa.
Mica come te ieri notte, quando ti sei messo il pigiama e hai spento la luce che era tardi a furia di pensare e ripensare. Ma invece di dormirci su hai cercato il telefono e una sfilza di ragioni blandamente fasulle che ti sei messo ad almanaccare a una segreteria telefonica dell’ultima generazione. Una segreteria intelligente, multifunzione e calibrata.
Una che fa un sospiro e muove la boccuccia elettronica per dire con tono da escort appena smontata che lei non c’è e sarà sua cura ricontattarti al più presto.
Ma i fritti, come si fa a rinunciare ai fritti in un momento come questo. Però, dopotutto, pensi che in una sera sbrillentata tale accetteresti consigli anche da un venditore di macchine in bolletta e aggiungi secco:
“Si si va bene mi fido!”
Allora lei ti chiede sfacciatamente indirizzo e numero telefonico, cosa sta scritto sul citofono, e ti chiede se all’ottavo piano lassù sei per caso in un attico e hai una bella vista.
“Bè…”, fai tu che stai teso, che hai i tuoi conti in sospeso e anche da regolare.
Carichi e spari la tua salve senza senso che bene o male suona così:
C”’è una luna così vicina quassù che ci puoi fare due tiri a pallone”.
Lei dice: “Un-attimo-non-mi-scrive-la-penn-nà!”
Borbotta intanto una canzoncina stupida e confabula in parallelo con qualcuno lì vicino. Poi ti chiede di ripetere, daì!
E tu ripeti, non c’è problema, messo lì su una gamba, l’altra piegata a gru continui a massaggiarla sul punto della botta che ti ha squassato silenziosamente poco fa.
Intanto senti che razza di roba dicono a Giada, basso basso e molto compresso, non proprio scortese, ma si sente benissimo che l’aria è pesante:
“Uè, preziosa! Guarda che non devi perdere tempo con i clienti, precisa e concisa devi essere, non me lo far ripetere un’altra volta, eh?”
Tu ripeti, come un soldatino di piombo incuriosito, ripeti diligente una terza volta cifre e indirizzo e ci metti pure lo spelling con i nomi dei sette nani che non bastano, certo, ma il tempo l’hai allungato e per capire vi siete capiti, pare, non si sa come, non si sa su che.
Giada ha segnato tutto quello che c’era da segnare.
Adesso non c’è più fretta, dice senza accento, io amo gli attici sai. E fa un sospiro lungo, mezzo dolce, mezzo valloasapere, poi.
Io lo so, io so un sacco di cose in realtà, ma non le dico perché non so se crederci, gigioneggi tu, mentre comincia a piacerti sul serio questa Giada che ondeggia come un pupazzo a molla sulla scatola dei tuoi rodimenti.
Che sia lei, proprio lei, la ballerina col tutù di una favola moderna, improvvisa, di quelle che capitano così perché non ci hanno un cazzo da fare, e allora se ne vanno in giro a smazzare la sorte alle 21 della sera di un giorno qualunque.
Cose affrettate certo, cose che vengono da vecchie edizioni di Fiabe Sonore, motivi che nessun ufficiale giudiziario capirebbe, perché mai invece di pagare il misero abbonamento TV ti fai rincorre attraverso gli anni e gli indirizzi che hai cambiato da quelle stupide cartelle esattoriali, dagli avvisi di raccomandata, dalle file che ti tocca ogni tanto fare per dire che ci sei.
Poi rientri dal viaggio, ti sfreghi la fronte e gli occhi, ti spari un colpo di tosse e vorresti chiudere a profilo basso, da bravo consumatore riconoscente.
Dai che il padrone ti sta alle costole, grazie della pizza e dei consigli, dici.
Lei ride, si cappotta un po’, dice che fa una roba interinale dove dal primo colloquio ti sfasciano continuamente le balle per dare soddisfazione al cliente, che vive in un attico pure lei con un’amica in 35 metri quadri e si interessa di teatro.
Così, generico, di teatro.
Stai per mettere giù e soccombere all’evidenza floscia della serata, stai per andare a scovare i vecchi scatoloni ammuffiti in soffitta e giustiziare le ultime due copie di Fiabe Sonore scampate alla crescita, Il Lupo e i Sette Capretti e Il Soldatino di Piombo, appunto.
Ma lei rilancia, incredibile, dice pure che se ne andrà presto perché vuole mettersi in proprio. In proprio già, ma a fare che? si domanda lei stessa stupita.
Io non ho risposte, sto periodo mi prende così, né carne né pesce e nemmeno la pizza mi sa se continuo a fare il pirla per telefono. Questo non glie lo dici ma è importante, l’unica posizione sensata cui ti si consenta di aggrapparti.
“Sai che c’è…”, fa lei, e subito dopo una specie di vuoto attutito come se improvvisamente avesse messo una mano a premere sulla cornetta.
Aguzzi l’udito, di là si sente l’eco di una discussione nient’affatto politically correct.
Dalla tua parte hai l’ultima possibilità di mettere giù l’astrusa comunicazione, domani ti aspetta al varco un’altra giornataccia da ricomporre peggio di un puzzle difettato.
Ma dall’altro lato la mano deve essere scivolata via dal microfono, adesso è in onda un’escalation di voci e imprecazioni e ordini e minacce tale che sei costretto ad allontanare l’orecchio per non avere il timpano fulminato.
Dev’essersi svegliato l’obitorio tutto, fanculo sagrestia chic.
Devono essere arrivati a dar man forte anche quelli col contratto a tempo indeterminato e quelli in nero, i camerieri e i lavapiatti e i nettacessi e i marocchini che consegnano le pizze, i bengalesi che vendono le rose, i nigeriani che spacciano i CD.
Il magnaccia peraltro non si sente più.
Che ci puoi fare tu.
Che ci puoi fare.
Che ci stai a fare.
Si tu, che ci stai a fare lì.
E’ un attimo, di quelli che rischieresti di rimpiangere tutta la vita.
Riprendi a massaggiarti la gamba offesa, fai due o tre piegamenti sulle ginocchia.
Dici: “Pronto Giada, prontooo!”
“Giada…Giada…mi senti!?!”
“Aspettami fuori, aspettami fuori, OK??”
“Passo a prenderti.”
“Anzi, passo a prendervi tutti.”
“Subito!”
anche un po’ Pollicina, la ragazza
Pollo, di sicuro, il ragazzo..:-)
Giorno Ape, bisognerebbe uscire, la sera, piuttosto che mettersi al telefono. Questa la morale ad uso scolastico ed educativo 😀
giorno Ale 🙂
giusto, e poi le storie che si trovano a giro possono pure essere più affascinanti
Già, affascinanti, sono i merlosi giorni della merla, ma su questo non ci piove 🙂
Evviva, perchè Giada è viva, e questo aiuta la speranza.
PS: i fritti mosci sono effettivamente insopportabili 😉
Si, Hasta Giada.
E’ viva, e frigge insieme a noi!
Mi esci dal film? Sono lì al bordo della strada, o sono io il telefono.
Ok, affitto un pulmino 4×4, passo a prendere pure te 🙂
“A mille ce n’è
nel mio cuore di fiabe da narrar.
Venite con me
nel mio mondo fatato per sognar…
Non serve l’ombrello,
il cappottino rosso o la cartella bella
per venire con me.
Basta un po’ di fantasia e di bontà”.
le fiabe sonore, i 45 giri nel mangiadischi messo a tracolla, la canzoncina.. se ci pensi, un po’ di fantasia e di bontà sono una ricetta ancora valida, malgrado siano passati 40 anni.
i pitoni fritti del giorno prima, comunque, sono buonissimi. 😉
Ohè che bella sorpresa nicaJ, il mangiadischi…la sigla..La Lampada d’Aladino era la mia preferita, un tempo la sapevo quasi tutta a memoria, ricordo ancora: Son Budur principessa della Cina-à! E tra poco ne diventerò Regina-a!….che tempi 😉
Io stavo in fissa con “Pelle d’asino”. Che tempi, sì!!