Poi arriva il momento che il bene è finito e del male non c’è traccia.
Come tutto questo entri in un’immagine non è un pensiero moderno, si fantastichi piuttosto di poeti svegli sui cornicioni, di tre badanti ucraine che pestano l’erba indifferente, e certe carrozzelle dei quartieri bene, in madreperla hi-tech, ci si faccia bastare quel debole estro connettivo che ci sopravvive, la figurazione, per intenderci, che dal ragionamento non si esce mai.
Così succede sempre che facciamo una scappata dal cinese, e non c’è alcun altro spasimo in questa azione, solo il conforto di un’ambiguità, la merce che pare incredibile, li conosci i cinesi, poi t’avvicini e ti viene un dubbio, di quando son partiti a colonizzare il mondo che i figli si rompevano in lacrime sui divieti dei genitori, non si sono più fermati e trattano oggi la nuda necessità, gli amori che sopravvivono e non possono più donarsi che ossa sporgenti, l’incapacità di vivere in un recinto se non ti chiudono bene il cancello, peggio ancora quest’assenza di bene e di male che scuote le gabbie toraciche, che confonde quel semplice disturbo di linea che era l’Uomo, un tempo, quando la frequenza delle stelle pioveva ancora sulle domande, di notte.
Se sapessi come sono strani i segnali lungo il viale dritto che procede salendo dal cimitero monumentale del Verano e va a infilarsi molto lontano nel semaforo interminabile sulla rotonda di piazza Ungheria.
Cosa fanno i miei ricordi sulle tue spalle, qui, improvvisamente, perchè ho creduto d’averti già visto da qualche parte di cui non si tiene abbastanza conto, anche se il rumore che fa il tuo universo privato non ha paragoni e il soggetto generico, l’uso ossessivo del -che-, la sussistenza di una realtà piegata al punto di vista, con malinconia devo dirtelo, è una chiara resa di fronte alle necessità della narrazione, questa roba messa così non si vende.
Come facciamo letteralmente a riconoscerci.
Devi sapere che il Due non passa più, o non passa mai, oppure non è mai passato su quel viale dritto come una preghiera, anche se l’azienda tranviaria ne segna rigorosamente la presenza in tabella.
Io invece si, l’ho visto passare il Due, tu non ci crederai e non accetterai questa sfumatura di circostanze che sembra una favola, era una volta soltanto, venivo da Kiev e ho diritto a essere felice, tu invece, non ne sono così sicuro, mi dispiace, devi accontentarti di questa parola che appare una beffa, della prospettiva distorta del viale, dell’accumulo di ragioni storiche per cui succede quel fatto che vi spezza, che non avete più parrocchia che vi perdoni, quando arriva il momento che il bene è finito e del male non si scorge più traccia.
Finalmente, un giorno, un commesso cinese con la testa infilata nelle mie stesse cuffiette avrà lo stesso brivido che mi percorre oggi a piazza Ungheria, Li Chuan o come diavolo si chiama avrà questi occhi verdi e i capelli brizzolati e la camminata scazzata che mi porta, e verrà picchiato dagli stessi pensieri nel cono d’ombra delle Cinque di pomeriggio, quando la blogosfera si spopola per riversarsi in strada, rivelando la natura impiegatizia di tutta questa fantasia, ben oltre il limite in cui Sartre aveva fermato il crollo del palazzo novecentesco, un’ora stralunata come un’altra, mi duole dirlo, ma erano appena le Tre.
I poeti e le cliniche svizzere, le badanti ucraine, la tabella nuova del Due metafisico, come l’assolo di Michael Brecker che ascolto da trent’anni sia la migliore uscita dal mondo che riesca a immaginare, Chuan Li, adesso che siamo tutti The Others e tu sei libero di sognarti l’affare che credi, noi forse di ricominciare, senza l’eterno Brecker che nel frattempo ha tolto il disturbo, se solo si potesse staccare lo sguardo da questo viale piatto che sembrano duecento metri e invece son chilometri, dal cimitero a qui.
Complimenti uno scritto bellissimo con pezzi di commovente poesia.
grazie Sandra, ci son momenti che i ritorni ti fanno particolarmente piacere, questo è uno di quelli 🙂
e chi lo molla più Brecker ora!
Sempre consigliata una visita da queste parti 🙂
se queste 500 parole son servite a passarti un po’ di struggente Brecker nelle cuffie, allora vuol dire che ce l’ha un senso, brucare quel che bruchiamo al buio di questo recinto virtuale 🙂
finalmente ho capito CHE con te bisogna rinunciare all’ambizione di comprendere per non parlare della prospettiva ermeneutica, bisogna accogliere ciò CHE passa dagli occhi e aspettare CHE altrove e chissà quando avvenga CHE trabocchi. ah già, ma questo è un racconto-fantastico, CHE’ tu, gli ufo, non solo li ami, ma li sai pure scrivere, forse meglio di tutti
poi mi sono ricordata al due di erri de luca, CHE non è il doppio, ma il contrario di uno e pure i cavalli erano due. i numeri, fluiscono, divengono (il due è tre, il tre è quattro). come noi CHE leggiamo, forse. 🙂
al traduttore: non ci hai capito molto, a tratti una mazza, avresti culturalmente protestato i diritti (presunti) del lettore, la solita struttura del racconto, CHE dai pure gomitatine al riguardo..
Mah, sarà Borriello che mi porta fuori strada? 😀
Mi piace come accetti la devianza però, infine, nobilitandola, ma è anche possibile altro, che si capisca bene invece ciò di cui parla il pezzo, se si accetta l’idea che la coscienza sia materia di ragionamento e sogno nello stesso istante, la logica è solo uno degli strumenti in dotazione, ed è ampiamente sopravvalutato..
Le tre è sempre troppo tardi o troppo presto per quello che si vuole fare. 🙂 molto bello Alex. Molto.
già, vallo a far capire a Chuan 😀
merci :-*