Ora, il direttore d’orchestra arbitro, palleggiato tra sputinsulti e bestemmioni ad personam, chiudendo gli occhi, dichiarò punizione dal limite e niente chiara fresca opportunità di gol, non rompete le balle, rispetto ci vuole. Fu una zuffa successiva tale che nemmeno il Giardino delle Delizie di Bosch.
Sul centravanti negro che esce piangendo in barella, su Cambuso che alla fine di tutto il bracciaio velenoso che gli precipita addosso, gli fanno pure vuoto intorno, che il Fischio desidera comunque scusarsi, l’inquadratura si sposta sugli spalti che rumoreggiano inquieti.
Animaletto, nel frattempo, era strisciato come un insettino fino ad appiattirsi sotto il muro divisorio della tribuna autorità. Era saltato lesto con l’aiuto della distrazione generale, proprio mentre l’indignazione collettiva raggiungeva il culmine di fronte a ciò che pareva configurarsi come lo scandalo del mese, che dici, esagera pure, il tormento rovinoso di un anno. La purga antropologica di un maledetto calcio di rigore negato.
Intanto il presidente Gambiani, che tutto gli passa nelle mani, sopraggiugeva di fretta dal gabinetto del settore A dove, oltre a rigovernarsi un po’ la lucida pelata che lo svrastava come un’aureola a minchia, , al riparo dalla palpebra di Sferastampa che tutto guarda e ingoia, mugolando, aveva appena finito di cazzeggiare un tanto al telefono con la cassiera del Balla Blu.
Lei, una specie di fortezza macedone con i polpacci della mezzofondista Kratochfilova, ma ma due belle bombe naturali in avantreno e il resto se la vedevano stanotte, ovvio, a fine partita, così gli aveva apparecchiato l’appuntamento sicuro, già da una settimana prima, proprio quella lenza chimica di Cambuso.
– Che sagoma, che grinta, guarda-lo-là, il Fischio! –
Come si può esser sciocchi in certi momenti, lo dimostra l’ignoranza da ronzino con cui Gambiani attacca a parlar con l’Animaletto che, lesto lesto, fin presso a lui era riuscito intanto a sgusciare:
– Guarda, guarda, diobono, non si puooò! Oheè, quarto uomooo! Ma ti pare che il Fischio ogni volta che interviene nel gioco lo devono mettere in croce? Ma che giochiamo a Mikonos, cazzolina! Oh, ha visto lei? Dico a lei, si faccia sentire pure lei. Che la vogliamo dare tutta sempre vinta la storia ai forcaioli…!? –
Animaletto non ci capisce un cazzo, noi lo sappiamo, lui ha un fegato calcirrotico che stravede, tra l’altro, per la squadra avversaria di Gambiani. Animaletto in fuga sta scazzato e ambivalente che non crede quasi ai poveri occhi di dove è capitato, solo la bocca si morde gl’improperi, pure il coltello ha un gesto che, vibrando di ansia, finisce solo per scucirgli la tasca interna del loden.
Ha appena visto uscire dal campo il suo gioiello negro di belle speranze, forse spezzate, piangente come un vitellino. A dieci minuti dalla fine del gioco ha visto teletrasportare altrove un rigore alto come la madonnina, come se per l’ennesima volta gli avessero ribadito l’inviolabilità del Fischio e l’arroganza fresca fresca di Gambiani. Capisce che per un altro derby l’aria tira che è un fetore di cose apparecchiate altrove, del puzzo di potere che ti mira in facciadritta, quella speciale volgarità dei destini minori che ti mette a forza i sassi nelle mani.
– Ma vai avanti, dai! Abbiamo dieci minuti, e proviamoci allora. Aah..lei non sa che passione distruggente può essere il calcio quando lo guidi dall’alto. Crede che non lo sappia che la gente mi vede come una purga? Eppure ringraziare dovrebbero, mi, che li ho salvati dall’anarchia, dalla corruttela libera e deregolata, eh, eh, eh! –
Animaletto vede allungarsi a dismisura l’ombra delle sue tante sere consumate, sa che il meglio che ormai può ricavare da questa giornata è finire zero a zero ed aver perso comunque per quel niente di gol già pareggiato in casa. Animaletto si vede commentarsi in solitudine Telepadania, con la compagnia di un’unica bottiglia, nello sgabuzzino di classe C2 sul viale di forforo arancione che raccorda la Bovisa a Lorenteggio. E triste Gazzetta da solo, rabbia compressa domattina, in un baretto d’angolo animato da piccoli neon scoloriti, i cui poveri panini prendono luce in cellophane e vetrina, come piccoli jap abbandonati su un atollo fuori tempo del pacifico.
Animaletto si sente mezzo eroico e mezzo fottuto, adesso, mentre estrae lesto il coltello e lo va a ficcare nel grasso rotolo che scende dal fianco di Gambiani. Animaletto, perso per perso, si vuole gustare uno a uno tutti i centimetri che sprofondano dolcemente, in attesa del sangue, del sangre lindo y muerte.
L’altro invece, ineffabile:
– Ossignuur..! Guarda, guarda che fallo clamoroso non ci fischia! Stai a vedere che non basta nemmeno più le telefonate che faccio a tappeto, ogni santo giorno. Qua…Qua…Quarto Uoomooo!…-
Animaletto sbalordisce, di rabbia ancora colpisce, di fianco e di pancia e fa di più, si alza, gira intorno alla sagoma del presidente trafogato e riprova nel fianco opposto, giù e giù e dietro e daje e dentro la carne ancora, e fa tutto come si deve, di taglio e di punta, e tiè, e tiè. E voglio proprio vedere, mò.
“Io mi sarei anche rotto i coglioni, confesso…la gente dovrebbe imparare il lavoro che fa. Ma guardi, che vuole che le dica, noi restiamo sempre equilibrati, comunque, guardi, aperti al dialogo con tutti. Siamo certi che il nostro lavoro avrà comunque buon fine per tutti, vivaddio. E si rilassi un po’ lei, si metta a sedere, piuttosto.”
Gambiani, nemmeno sforacchiato a dovere la smette d’appassionarsi alla sua cazzo di squadra.
(- Che partita di merda! – Lo dice, da qualche parte del party, un tizio di Vimercate emigrato a Canberra, mentre la moglie sessantenne aborigena si adopera sul suo orgoglio sfiatato senza riuscire, purtroppo, a evitare i denti, sarà che a cinque minuti dalla fine è un tutt’intorno d’etere sprofondato nel dormiveglia del giàscritto, e i vincitori persino, selezionano facce di gioia d’ordinanza che sanno di non meritare e Sferastampa, solo un po’ agitata, che comincia a ripiegarsi sui quaderni dei commenti, nelle telefonate senza scampo, a caccia della dichiarazione figghiebbottana, del sangue degli sconfitti, tuttintera Sferastampa si sente squadreggiare il bilancio del banchetto, tanto te quantammè, come pelli di daino sgrondanti, i personaggi cominciano a finire in fica mediatica che gli spolpa l’animaintervista, come da rito elettroanimista, tutto e presto, facciamo salsicce semantiche noi, le mettiamo a piovere in rete, da pergole d’assurdo)
Il Fischio attraversa la zona Cesarini, gli ultimi cinque minuti di gioco nel tipico musoinsù da sott’olio calabrese che l’ha reso celebre, di tutto il resto bellamente infischiandosene, giacchè nulla ha in timore che provenga di questa terra. Come un torello telecomandato di real casato, intangibile, difeso finoggi dall’oscurità che termina in alto, lui trotterella saltando di quella poca chimica che gli rimane in corpo le gambe tese, le brutte offese, il pensiero piacevole delle trasmissioni di riepilogo e delle cene, delle puttane in benefit corporate ogni fine mese.
((Ciò che d’inverosimile a tuttomondo Sferastampa architetta, se lo pensi bene, non è meno assurdo dal finale che vorrebbero farci credere adesso, necessario, fatto di una grande luce improvvisa che piove dall’alto, di una lunga interruzione di gioco, di un oggetto misterioso scintillante, metallico, che va a poggiarsi sbraitando nuvole di gas sul verde del campo, delle facce, dei corpi, dei suoni inconcepibili d’oltremondo messi lì come serenate di uno Spielberg etilizzato, di quel mostro terrestre collettivo che si guarda le palle degli occhi, tra gli spalti e nella trasmissione, tra le ciglia sollevate di tutti))
(((Essi giunsero in fine, viaggio, Terra. Essi osservarono ogni cosa, collegarono, valutarono logica, paradigma, intuizione, concentrazione di corpi collettiva, grado di matrice emozionale, percentuale di parlato intorno, volume di risorse, entropia di risulta. Fu Sferastampa benedetta a guidarli, infine, nell’interpretare la regola strutturale del mondo, la palla schiacciata della Terra, il primo dannato mondo alieno sulla loro infinita rotta. Fu così che in noi scoprirono il calcio, innanzitutto. Si dà il caso, forse pure, che gli bastò.)))
Fu così che il Fischio, messo brutalmente in contropiede dallo sconcertante evento meta-calcistico, riuscì a pisciarsi sotto di paura a una manciata di secondi dal triplice fischio finale, quand’era chiaro a tutti ormai che di tutt’altra cosa che questo mondo si trattasse, la faccenda aliena di mezzo intervenuta. Scoprendosi appanicato a tradimento, il bel Cambuso, che tremava come una pancia di Platinette cui ognuno facesse solletico, scrosciò secco, caldo, di color paglierino, lungogamba.
Gli Alieni videro, s’interessarono, s’avvicinarono, ronzarono un po’. Poi raccolsero in una provetta ciò che di ultimo ruscellava ancora sulla gamba pelosa del Fischio.
In verità non seppero che farsene di quel liquido abnorme, troppo complicato interpretare la biochimica urica senza le indicazioni opportune di contesto di qualche scienziato locale. Sicchè gli Alieni se ne lavarono le mani, consegnarono la provetta al primo laboratorio del Coni che trovarono, a cento metri da lì, e per Cambuso, davvero, i cazzi stavano cominciando a farsi inaspettatamente amari.
Animaletto che era ancora lassù in tribuna, invece, non riusciva a togliersi il diabolico Gambiani dalla testa. Così non s’accorse di niente, degli Alieni, di Cambuso, per lui non ci fu alcuna luce che non fosse quella fulminata di un’altra finale persa, in crudele depressione stracittadina.
Ci fu scappare ancora, saltando a tre gradoni invece dopo, perchè come all’inizio, quel grido strano di brigadiere che pareva nascere in digitale, lo rincorreva di nuovo in quel momento, molto vicino, fino a raggiungerlo col fiatone sulle spalle:
– Ah…Ah..A-ni-ma-let-too-oh..! –
Per la verità, fu solo la vetrata invisibile che separava le tribune dai distinti che, non vista tanto meno calcolata, lo mise giù di schianto.
– Animalè…! L’anima e’chi t’è muort! –
Fa il brigadiere a piombo sulla sua faccia suonata in terra.
– Animaletto non scappà, c’è stata l’amnistia! Te lo volevo dicere prima, quando t’ho preso che sei scappato come nu furetto. Animalè, scetate! So Nino Bassetto, il tuo biscugino di Aversa, sto in polizia mò, che non mi riconosci più..?! –
Animaletto che fondamentalmente, grazziaddio, non s’era scalfito granchè, gli venne come un moto spontaneo di abbracciare quel Bassetto, di riparlare di passato e dei vecchi soliti tempi di casa. Decise invece la prudenza, di svenire o fare finta, in ogni caso di farsi ricoverare in pompa magna, due o tre giorni per avere tutta la luce di riflettere le cose strane che gli succedevano da qualche tempo a quella parte.
Sotto l’irraggiamento etereo di Sferastampa, in diretta postprodotta, postpartita, solo Gambiani resisteva intonso nei toni offesi del suo monologo inespugnabile, giusto il tempo di far staccare la croata dal locale.
Svuotate le legioni rumoreggianti dei tifosi, rimasta solo la Celere con la sigaretta tra le labbra a far da pavone sullo sfondimmagine notturno, Gambiani negava indignato qualsiasi luce intensa si fosse mai avvicinata al campo, e sbuffava, blandiva giornalisti, minacciava querele.
Non disse molto, se vai a vedere la sostanza, ma fece in modo di precisare bene tutti i punti, si tenne un margine di manovra comunque, mandò vento a destra, corrente a sinistra, in modo che a tutti fosse evidente che la partita difficilmente, in ogni caso, si sarebbe potuta rigiocare. Non so se mi spiego.
((((Nell’interesse della sicurezza e dei tifosi, anche di quelli delle squadre avversarie, certo, nell’interesse del calcio tutto, che fosse chiaro, nell’interesse del calcio, soprattutto.))))
This is THE END
my only friends
che pezzo, Alex
mi ha colpito molto questa scrittura rocambolesca, che taglia il fiato (chi parlava di ritmo, qualche giorno fa?) ma che poi restituisce azioni lineari e immagine piane, come fossero al rallenti. ci saranno pure delle metafore cospicue, me lo dice il tag là sotto, ma io mi sono goduta il racconto, me ne frego di non capire quanto c’era da capire. mi ha catturata. (ps. che si fa dei refusi?)
Questo fa parte della prossima antologia, anzi, ne è in qualche maniera uno dei cuori dove passa il tutto. E’ stato già riscritto numerose volte, la prima versione era di una densità abnorme, è un po’ un figlio prediletto, anche perchè sconta la metà di mondo cui il calcio sta sulle balle (mi son persino laikato da me per il dispiacere). Non ci sono metafore cospicue, è la solita storia, i Poteri, il mondo che è marcio e di fondo, non interessiamo nemmeno i marziani. Refusi, lasciali lì tranquilli che magari sono neologismi e non s’è colto 🙂 .
🙂