L’Eterno Transito del Viaggiatore Intimo

bozza_alessandrogabriele_v2Più che degli aeroplani stessi, da che ricordo, subisco il fascino degli aeroporti. Se ho un desiderio d’assurdo, penso sempre che mi piacerebbe vivere una vita passeggiando sulle moquette delle sale imbarco, e fare colazione presto tra il sonno malcelato della gente, andare a dormire quando l’ultima hostess di terra ha sospirato l’ultimo conto del proprio officio sociale, quell’eterno stare in piedi che è la sorte di tutti, sorridendo in rappresentanza.

Amo l’idea della pace riacquistata della hostess nel giorno che s’allunga oltre il buio arancio delle vetrate panoramiche, la Exit line che spinge quel corpo sudato, riempito al limite di cortesie posticce, verso lo slargo dei piazzali esterni, dove l’identità prova a riedificare un senso nel vuoto della notte.

Amo la fantasia di me, come un fantasma che non abbia mai messo il naso fuori dall’inframondo dei saloni delle partenze, che non abbia avuto altri sodali alle finestre che i musi d’acciaio degli aeroplani catturati al finger.

Ognuno, nel profondo, passeggia eternamente nel circolo di un non-vissuto, all’oscuro della propria coscienza, e mentre scarta tra la folla disordinata dei propri nutrimenti da asporto, poggiato su una panca di passaggio della Matrix interiore, osserva il cuore delle cose che si rivela per quello che è, lo specchio dell’Altro che lo costringe, la morte che chiede conto di un titolo di viaggio, l’amore che lo perde a ogni svolta, mentre lui riesce perfettamente a non-esprimere il messaggio che scava per voi, tra l’universo gigante che muove le cose e l’infinitesimale rientranza che il vostro essere occupa.

Pensarci multipli, non-accaduti ancora, leggerci come ipertesti oltre lo spazio e il tempo conosciuti, è un modo per curare la foresta del destino, l’albero specifico che ci compete.

Si cresce grandi e frondosi e puri nel disporsi a inventare le regole per comunicare quattro parole col viaggiatore delle nostre intimità, il lavorio necessario non smette mai, il linguaggio è in eterno transito di svelamento delle propria struttura segreta, auto-poietica.

“Bisogna vagare molto tra gli esseri e le cose. ora che nel nostro corpo non c’è più dio, c’è il rischio di riempirlo di porcheria. tenersi è bene un poco di vuoto dentro per lasciare spazio alle meraviglie che vagano per il mondo. forse ce ne sono per tutti. si tratta solo di cercarle.”
-Franco Arminio

*

Così è nato Aeroplanini blog, precisamente un anno fa, come un salone virtuale delle mie partenze, come un iperspazio con tutti i comfort del caso, con il transito e le chiacchiere della gente, con i trolley pesanti e le 24ore agitate in stile, un meta-Hub di storie dove andare a incontrare il mio viaggiatore segreto e dividere il pane, scambiarci le impressioni.

Le mie faccende di scrittura durano con una certa continuità da quasi tre lustri, sono consanguinee, si può dire, con l’alba dell’era dello stare in Rete.

Molto è cambiato da allora, in un battito di ciglia, non c’erano ancora i blog personali dove parcheggiare un Ego, l’interazione degli esseri e delle scritture avveniva nel brodo di coltura dei forum collettivi, era una forma di preistoria in cui ci si connetteva più sinceramente, forse, condividendo un qualche senso di magia dei nuovi fenomeni. Era prima che il canone Zuckerberghiano ci riportasse un po’ tutti a quella iconizzazione promozionale di noi stessi che il logorio della vita moderna ci impone.

Molto è cambiato fuori e molto è rimasto intatto, dentro, il mio viaggiatore segreto non ha mai smesso di muoversi nei saloni delle partenze, di produrre codici ai limiti del percepibile, e io ho continuato a braccarlo e a perderlo nella scrittura delle storie, nei registri e nei modi, mentre visitavo più punti di vista possibili del nostro continuo girarci intorno.

Che si narri dei propri viaggi, di un’invasione dallo spazio o delle pene di un cittadino di Baghdad, sempre intorno a se stessi ci si muove. La vita si riproduce, le geografie cambiano e i labirinti di specchi si moltiplicano, la fila dei protagonisti e delle relazioni s’allunga di molto oltre l’angolo visibile.

Eppure le cose si rovesciano tutte, per lo più a sproposito, dentro, dove la vastità dell’eco che fanno ritorna nel mondo visibile seminando le strade dei prossimi viaggi.

Anche per questo incessabile travaso di itinerari che ci percorre e ci spiazza, la mia antologia di racconti si chiamerà: Geografie Fuori Luogo.

“I luoghi hanno un’anima .Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.”
(James Hillman)

*

Sono arrivato alle pagine di un libro per le vie più traverse, ho rifiutato negli anni tre proposte di pubblicazione da parte di onesti piccoli editori perchè pensavo che pubblicare avesse senso solo con una realtà editoriale grande, se mai avessi avuto le palle scrittorie per meritarmela.

Bene, le palle non le ho, almeno quel modello lì, è una prima conclusione; la seconda è che la scrittura è un meraviglioso, potente veicolo di per sé, senza bisogno di pensarla finalizzata a qualcosa, e che se esiste un valore in quello che sai comunicare, lo trovi solo nella tensione che crei, se ti riesce, verso la sintesi che non hai ancora concepito; la terza conclusione è questa antologia.

Così è tramontato in me il mito della “grandeur editoriale”, e così ho accettato che un altro piccolo editore mi prendesse sul serio.

Forse ho sfiorato pure l’impresa, un paio d’anni fa, attraverso la frequentazione di un Lab di scrittura finalizzato, tenuto da una Editor professionista in cui mi è stato fatto capire su cosa specificamente mi convenisse lavorare per accostarmi alla meta della grande editoria, criteri non difficili da interpretare, omologazioni di codice alla portata di qualsiasi intelligenza media. Piuttosto, è la forma mentis che ho sentito mancarmi del tutto, il fattore che conta sopra ogni altro, l’incapacità di percepirmi danzante in tutto il circo machiavellico di relazioni ed auto-promozioni che ho percepito girare intorno all’affare e che m’ha letteralmente spaventato.

Insomma, sta per uscire, questione di settimane spero, Geografie Fuori Luogo – sedici storie per girarsi nel mondo. Sono dieci racconti, quattro reportage di viaggio, due reportage urbani, ognuno ambientato in una location differente, in giro per il mondo.

La bozza di copertina mostra immagini dei miei viaggi in India, Sud America, Trastevere, Manhattan. Molti altri itinerari sono compresi dentro, nella lingua disordinata del viaggiatore che si inoltra tra la dimensione geografica terrestre e quella intima.

Una buona metà di questo materiale esiste grazie allo stimolo degli Aeroplanini_Liquidi, devo un grazie sincero a tutti quelli che hanno viaggiato su questo blog, anche solo per un Like.

Sintetizzare, illuminare, scrivere è anche un’occupazione faticosa, qualcosa che allontana dal mondo e abitua a considerare quotidiano il dialogo con i fantasmi, per questo ogni segnale di interesse che giunga da fuori è come una piccola benedizione, sempre.

Eccola qui, l’ecografia precoce di una piccola creatura che nascerà svantaggiata (ho già detto della mia incapacità di auto-promuovermi) ma che merita attenzione per due fondamentali ragioni:

  • E’ artigianale, onesta, anche sofferta.

  • Non cambierà la storia della letteratura mondiale, e se ne vanta; non ho mai avuto troppo in simpatia chi scrive sui muri delle caverne platoniche, a sproposito.

“E’ cosa di pochissimi essere indipendenti: è un privilegio dei forti. E chi tenta di esserlo, se pur con il miglior diritto, ma senza esservi costretto, dimostra così che probabilmente non è solo forte, ma temerario sino alla sfrenatezza.
Si addentra in un labirinto, moltiplica a mille i pericoli che già la vita di per sé comporta; dei quali non è il minore il fatto che nessuno vede con i propri occhi come e dove si smarrisce, come e dove viene isolato e fatto a pezzi da un qualche Minotauro delle caverne della coscienza.” 

(F. Nietzsche – Al di là del bene e del male)

14 risposte a “L’Eterno Transito del Viaggiatore Intimo

  1. e fa bene a vantarsene!
    Gesù, sono contenta come se stesse capitando a me ma sono qui per dividere il pane, stavolta l’hai portato tu
    bello di zia 😀

  2. aeroplanini è un bel nome… liquidi o meno… auguri per il libro, di cui conosco un paio di bei pezzi da viaggiatore di frontiera… e su piccoli o grandi editori, non ti fissare… la letteratura non è un problema di palle… anzi dovrebbe averci a che spartire meno possibile…

  3. La tua scrittura ha sempre qualcosa di misterioso e a volte detestabile che affascina. Sicuramente la vita nei tuoi scritti fa un gran bel baccano
    🙂

  4. Evviva! Scrivo poco ma leggo tanto. E più sto zitta e più mi piace, più sto zitta e più mi piace ascoltare anche la parola scritta, su un blog o su un libro di carta.
    Ho già fatto spazio sul comodino per il tuo libro!
    Un abbraccio

  5. mi fa piacere, se tu ne sei felice.
    : )
    la storia della letteratura non cambierà mai (e, d’altro canto, non cambierà mai neppure la storia dell’umanità), come già certificato secoli fa da g.b. vico.
    quindi non crucciamoci troppo e continuiamo semplicemente a fare ciò che ci più ci dà piacere. senza ambizioni di piacere.
    : )))
    in bocca al minotauro, fratello…

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