È un pidocchio di sguardo quello che le si infila tra i vestiti, mentre rombando di velocità smorzata il vagone sbatacchia l’uno contro l’altro passeggeri e sguardi e borse.
C’è il solito vomito dentro-fuori di pendolari inurbati, qualche: lasciate-scendere-e-che-cazzo-! Esclamato a brutto muso che la disturba ma la distoglie dal fastidio.
Poi tutta la baracca riparte in accelerazione pneumatica, e lui sta sempre seduto lì di fronte, immobile, composto, ondeggia leggermente il corpo pressato tra cappotti. Mal rasato, vestito di capi da due euro, somiglia a uno zingaro tirato a lucido.
E continua a guardare fisso dentro la scollatura profonda della donna, che ha un brivido. Pare spostare di millimetri lo sguardo e lei sente come tirare la chiusura del reggiseno. Le si inturgidiscono di orrore i capezzoli e non sa dirsi il perché. Un altro brivido la percorre sottopelle fino a schiacciarsi sulla barra chiusa del bacino.
Si fa forza lei, pensa a un osceno brivido che le pesta sgarbatamente le zone dei piaceri intimi, un assurdo che non vuol sentire, che cerca di stemperare mezzo-sorridendo al vuoto annegato di facce che la sovrasta, senza inquadrare nessuno in particolare.
Adesso è il respiro a caricarsi di ansia, qualcosa che ricorda una bolla d’aria che si sposta a lato di dove comprimi, perchè la sua mente pare lucida, pensa che una che ha vissuto ha molte risorse per difendersi da uno sguardo, in metropolitana, poi. Sullo sfondo arrivano i cartelloni pubblicitari di una stazione che sfilano rallentando fino a fermarsi sul muso di un candidato dalle labbra sottili, uno che anche volesse non riuscirebbe a nascondere quel taglio cattivo che ha nel sorriso.
Il candidato pare la brutta marionetta di un natale infelice, un Santaclaus comunale che il ventisette ti fa recapitare l’intera teoria delle tue inadempienze amministrative. Lei raccoglie e si mette disperatamente, silenziosamente all’opera per insultarlo dentro di sé. Pensa che al nuovo che avanza, se solo lei frequentasse quelle sporche cose fetish, potrebbe tranquillamente defecargli sulla faccia.
Un pendolare che s’infila verso l’uscita le inciampa nelle scarpe scomposte, formulando generiche scuse. Ed è un attimo di frescura, ribattere: ma-le-pare-!
Questo le dà la forza di sollevare i glutei a metà per offrire il posto che è diventato caldissimo a una vecchietta ripiegata sulla propria lombalgia.
La vecchia risponde NO, con decisione, con una punta di fastidio. Il vagone vomita la maggioranza dei presenti, sbuffa più volte e riparte.
E adesso non c’è che lui mal rasato, espressione fissa, ondeggiante destra-sinistra, di fronte a lei, forse ha un mezzo sorriso, la sua estrema compostezza la inquieta profondamente, le spinge di nuovo quella strana pressione umida, ambivalente, al livello del bacino.
Lei sente forzare i muscoli dorsali, i quadricipiti, sente tutta questa corrente di basso voltaggio che la solletica e la invita a cedere, a rilassare quell’estrema difesa che la sua volontà stringe intorno al blocco inguinale, si abbandona allora a una resistenza cieca, come un’estrema sortita che le fa tremare la vista, perdere il dettaglio generale del vagone che la trasporta.
Sono progressivi di fermate come in un film velocissimo, immagini confuse di masse in entrata-uscita, tensione inspiegabile e intollerabile che la trapassa.
Lui la guarda come un periscopio di qualche ragione buia, non c’è davvero nulla che lei possa fare se non arrendersi.
Ecco. Ha urlato infine.
Lei ha cacciato un grido al di sopra del frastuono della galleria ed è svenuta, oppure ha fatto finta, è rimasta dentro piccoli sussulti successivi di insolita gradevolezza.
Tutto il resto del vagone s’è girato a guardarla.
Lui è sempre lì che ondeggia con lo stesso terribile periscopio a fuoco fisso.
Poi arriva una nuova stazione. Qualcuno accanto a lui si alza per dare una mano a lei che pare malferma.
Si alzano in due dalla panca di fronte, e lui crolla di lato come una sacca di vestiti usati, morto ormai da chissà quante fermate.
Questo è davvero diabolico. A saper far cinema, sarebbe un “corto” spettacolare. Mi piace mi piace mi piace, anche se ho il click “inibito” 🙂
rimodernato anche qui.
Pazzesco. Sono stata tutto il tempo ad aspettare la reazione di lui.
Grazie per il film che ho visto.
grazie a te per esserti seduta al cinema, cara 🙂