Su un tratto di strada che sembrava non venisse più Silvia alla fine ha incontrato casa, quel luogo comune di cui tanto si dice e che il più delle volte si nega, una finzione nascosta nei paesaggi delle azioni con cui valichiamo bene o male i confini del mondo visibile.
Esteban vive ancora a Torino, non s’è mai radicato in fondo ma il sopravvivere ha saputo esercitarlo, adesso sogna di appendere la chitarra al chiodo e uscire dalle piazze, smettere di chinarsi a contare il guadagno, tornarsene alla terra in Ecuador.
Maru è uscita da tre giorni appena su una porta stretta, dolorosa, e non c’è altro da dire che l’imbarazzo di come ci si sente a restare qui, sulla banchina della vita a osservare i traghetti che sfumano nelle nebbie, anime che vanno e vengono, tempi che dilatano e restringono, con l’unica certezza che c’è sempre un’isola a insegnarti l’arte di resistere nell’onda infinita che ti si infrange addosso.
E tutto questo non fa rumore, nella bolla sociale in cui viviamo la morte rimane un fatto davvero sconveniente, se ne parla come di una specie d’esame che rende panici e compunti, una sfortuna elastica su cui rimbalzare il più alto possibile, quando capita agli altri, semplicemente impensabile, messa anche solo per scherzo nel cono d’ombra di ognuno.
E a noi tocca di stare al gioco, pensare che la vita continui nel nervo stretto delle isole.
Maru, Silvia, Esteban e tutti gli altri che eravamo fanno smorfie diverse, si sorride, ci si copre gli occhi per tenere vivo l’ultimo bagliore speso. Vediamo poi quei lampi che eravamo ritirarsi nelle scialuppe a mare, ci si imbarca sulle rotte della memoria sfrondati da ogni inutilità, si brucia un fuoco senza fumo e si alza al vento quel margine di sorriso che precipita nelle storie.
La Migrazione delle Tartarughe
Solo un passaggio, ora. Qualsiasi parola aggiunta alle tue sarebbe solo inutile rumore….
grazie
a volte riesco, in certi giorni di piccole felicità a caso, a sentire la morte di quelli che amo non in termini di perdita o di rimpianto, ma con il dispiacere profondo che non possano essere lì immersi nella luce di settembre, per esempio, o a correre sotto un temporale. Mi spezza la mancanza della loro reazione all’imprevisto e alla bellezza. Oggi vengo qui e la ritrovo, per come la sai dire, per il modo di farti attraversare dal dolore, disarmato e nitido. Le isole siano con te, quanto più è possibile.
ah ma solo chi vive in questa forma, di uomo e di isola metaforica, è obbligato a salvarsi, oltre ogni sentimento la purezza paradossale cui tende la scrittura negli anni è un grande conforto e una discreta ciambella.