E’ uno degli anni buoni di Hollywood questo, non è che succeda tanto spesso, per la verità, ma accade che ogni tanto la statuetta finisca onestamente nelle grazie della pellicola giusta.
D’America si parla in Birdman, è chiaro, ovvero si riflette su quella grande locomotiva psico-narrativo-mediale che trascina ancora il mondo. Andatosene Altman, a essere sinceri e con tutto il rispetto artistico del caso, non se ne poteva più delle derive estetiche, di bere i bibitoni mitizzanti dei Mallick e degli Eastwood.
Così, a garanzia che la vecchia locomotiva non se ne esca troppo fuori strada, arriva il meritato premio alla deliziosa pellicola di Alejandro Inarritu, ovvero il Birdman di cui daremo pochi cenni.
Cos’è America, oggi.
Le smanie cinetiche della macchina da presa nelle lunghe soggettive piano-sequenza che raccontano la coscienza dei caratteri, oppure nei voli pindarici di visionarietà del controluce narrativo, la personalità scissa dell’uomo-uccello, il contraltare grandioso-persecutorio del protagonista.
Gli occhi psicopatici di Michael Keaton, uno che da anni ti domandi se sia un bravo attore o solo l’eterno caratterista abbonato ai film in cui il vicino di pianerottolo, al di sotto delle buone maniere, ti insidia in realtà con una motosega da 200 cavalli. Nessun altro avrebbe potuto interpretare così bene il vestito ambivalente e allusivo del personaggio clou.
L’alter-ego Edward Norton, seduttore priapico, attore che scopa in scena laddove è impotente, infantile e risibile nella vita reale.
Gli occhioni manga, incredibilmente affascinanti, grandi e forse rifatti, al computer o da un chirurgo, di Emma Stone, terzo lato del triangolo esistenziale messo in scena.
Costruire eleganti scatole metaforiche dentro cui la narrazione si moltiplica, guidare il timone dello script e lasciarlo andare naturalmente tra dramma e commedia senza prendere posizione precisa, infine, riuscendo ad arredare un pericoloso spazio allusivo come una sorta di luna-park poetico della distruzione, dove la potenza del significante finisce per mirare oltre la morte civile del canone post-moderno. Ed è un’anima latina che serve tutto questo in tavola contemporanea, scusate se è poco.
Che dio benedica Hollywood oltre l’America, ogni tanto.
Tanto reale è l’ambito della narrazione che viene da chiedersi se gli Amerikani oltre ad attribuirgli l’Oscar riempiranno le sale, anche in mancanza di mirabolanti effetti speciali, sparatorie pirotecniche e invasioni aliene….
ma in effetti le mirabolanze supereroiche ci sono, e pure belle, solo che iconizzate così facilmente non piaceranno, alla casalinga tea-party del Vermont.
Vien voglia di andarlo a vedere
io sono devoto allo Streaming in rete, ma questo è film così visivamente potente che val la pena di vederlo al cinema.
l’ho visto. grande davvero.
ottimo, hai dato pure un senso al finale, che è un po’ “dissociato”?
sto ancora cercando di mettere insieme i pezzi: di sicuro birdman viene mandato a cagare nel momento in cui è mostrato proprio sul cesso. lui nell’ultimo dialogo in camerino con la sua ex scopre di essere amato e di aver amato e quindi si ricongiunge alla frase di carver tra i titoli iniziali. il volo del proiettile già come prima scena spiegherebbe la parabola che si sta per chiudere, accennata inizialmente dal breve frame delle meduse sulla battigia e ripresa la stessa come conclusione della parabola del proiettile. potrebbe dunque aver scelto di esser se stesso ( sarebbe l’unico personaggio ad uscire dalla schizofrenia cronica ) , e provare a volare da solo. ma la figlia? che guarda in alto…mi spiazza! insomma, si può davvero superare tutto e tutti solo con l’amore? ecco…non dovevi chiedermi che ne penso…ancora troppo confusa!
eheheheh, era lì che volevo arrivare, mi “devi” la critica cazzutissima che hai fatto, un po’.
eccerto!!!! sappi anche che sabato
ho scelto questo film a whiplash solo dopo aver letto il tuo post!