Dal demone piazzato sulla sua spalla grondava un calore insopportabile. Eros Salvini era consapevole di star sudando in modo incivile, anche se gran parte del fenomeno si concentrava sotto l’ascella corrispondente alla sensazione, e fatto salvo che la questione, dopotutto, non lo smuoveva più di tanto.
Se ne andava sul lato contromano della strada stringendo la sua presenza intristita sulle saracinesche chiuse del marciapiede sinistro, in modo da proteggere almeno la zona di olezzo acido che la presenza del demonio sviluppava fuori di lui.
La gente lo incrociava sgarbatamente e lui teneva gli occhi bassi per una forma protettiva di compunzione sociale. Tutto quel saettare di sguardi di di valutazione, di sfida e di controllo, gli dava l’idea di una grande guerra mentita che si giocasse all’oscuro di tutto, come se la funzione collettiva del vedere implicasse il dominio schizoide utile a dominare la consolle di una playstation.
Non è…
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