Una chiusura imposta da assetti pericolanti, da mura sociali imprevedibili, un acquisto di area per farne leviatano commerciale, una pioggia acida insistente o la paurosa deriva grafica degli adolescenti che mutano, non sappiamo cosa sarà tra qualche centinaio d’anni del parco delle Energie; una qualche forma di catastrofe raffigurata dall’arte muraria che oggi convive in pace con la natura slanciata della pineta potrebbe aver ingoiato questo scrigno di affreschi radenti prima che possiate passarci accanto, avvinti nei bagliori dalla luce di marzo, meditando che fuori di voi la città globale avanza producendo un eterno inconcepibile, gettando un’ombra densa che poco risparmia.
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Brano musicale: A Hundred Comets, Giobia (tribute to: Il Barman del Club)
“Anche il critico, il commentatore, l’esegeta più dotato è lontano anni luce dal creatore. Noi non comprendiamo a fondo le fonti intime della creazione. Le faccio un esempio. Siamo a Berna, tanti anni fa, e alcuni bambini vanno a fare un picnic con la maestra, che li porta davanti a un viadotto. Mangiano tutti insieme. Poi ad un tratto la maestra guarda dall’alto in basso un bambino, che ha messo gli stivaletti davanti ai piloni. Da quel giorno tutti i viadotti sono in cammino. Quel bambino si chiamava Paul Klee. La creazione modifica ciò che contempla. A un creatore basta un attimo per farci vedere qualcosa che ci sfuggiva. Qual’è il mistero che si nasconde dietro la creazione? Sull’argomento ho scritto Grammatiche della creazione (Garzanti 2003), ma devo ammettere che dopo tutti questi anni non l’ho ancora svelato del tutto. Forse il mistero non va svelato.
In un certo senso sono felice di non esserci riuscito. Immaginatevi un mondo dove la neurochimica è in grado di spiegare Mozart. Oggi una cosa simile è concepibile, e questo mi fa paura. Le macchine riescono già a interagire con il cervello: il computer e il genere umano proseguono a braccetto. Un giorno gli storici potrebbero rendersi conto che l’evento più importante del XX secolo non è stata una guerra né un crack finanziario, ma la sera in cui Kasparov ha perso una partita a scacchi contro una scatola di metallo. E notate bene, in quel caso “la macchina non ha calcolato, ha pensato”. Quando ho appreso la notizia ho chiesto il parere di alcuni colleghi di Cambridge, grandi scienziati. Mi hanno detto che non potevano escludere che il pensiero fosse una forma di calcolo. È una risposta spaventosa. Un giorno una scatola di metallo sarà in grado di comporre una sinfonia?”
– George Steiner
Sull’onda di queste riflessioni:
“Al posto di quella nuvola cangiante che portavamo nella testa fino a ieri e del cui addensarsi o disperdersi cercavamo di renderci conto descrivendo impalpabili stati psicologici, umbratili paesaggi dell’anima, – al posto di tutto questo oggi sentiamo il velocissimo passaggio di segnali sugli intricati circuiti che collegano i relé, i diodi, i transistor di cui la nostra calotta cranica è stipata. Sappiamo che, come nessun giocatore di scacchi potrà vivere abbastanza a lungo per esaurire le combinazioni delle possibili mosse dei trentadue pezzi sulla scacchiera, così – dato che la nostra mente è una scacchiera in cui sono messi in gioco centinaia di miliardi di pezzi – neppure in una vita che durasse quanto l’universo s’arriverebbe a giocarne tutte le partite possibili. Ma sappiamo anche che tutte le partite sono implicite nel codice generale delle partite mentali, attraverso il quale ognuno di noi formula di momento in momento i suoi pensieri, saettanti o pigri, nebulosi o cristallini.” I.Calvino – “Cibernetica e fantasmi” 1967
grande citazione, grazie, me la metto nel file delle epifanie meta-analitiche.
non so se un giorno una scatola di metallo potrà comporre una sinfonia e se forse lo farà, sarà sicuramente e tecnicamente ineccepibile, ma conterrà l’emozione autentica? E’ un po’ come quei chitarristi fantastici dal punto di vista della professionalità, a cui però manca quella percezione interiore chiamata “anima”, che magari hanno quelli meno dotato, ma straordinari nella loro interiorità espressa pizzicando delle semplici corde. Una macchina riuscirà a piangere solamente se le verrà imposto a livello programmatico… punto. Per questo dico che preferisco perdere se giocassi a scacchi con un computer: perché se vincessi, allora sarei il primo a preoccuparmi.
L’energia nasce proprio dalle nostre azioni nate a loro volta dalla nostra spiritualità (e non è assolutamente un’affermazione religiosa, anzi, proprio le religioni si sono appropriate del concetto di anima come se fosse una loro proprietà privata, rovinando tutto), come un graffito che nella sua baldanza artistica ha fatto vivere un muro nudo, destinato a morire da solo perché costruito da macchine comandate da uomini-macchina e via di seguito. Andare oltre, è vivere veramente…
musica per le mie orecchie Junghiane questo tuo post, eppure dentro l’Uomo post-moderno abita un’Ombra, e la lotta è dura comunque.
è un po’ come l’eterna lotta fra il bene e il male, ma anche fra passato e futuro, fra la tradizione e cambiamento, di cui abbiamo sempre paura perché è inevitabile caderci dentro, senza sapere se prevarrà la luce o l’ombra, la nostra intelligenza o l’istinto animale che abbiamo radicalmente cambiato…
ce ne sarebbe da dire, ogni epoca ha la sua croce, quella post-moderna vive uno spaesamento nuovo, morto “dio” son seguite le grandi ideologie, istituzioni di ogni tipo, sociali e politiche, l’Identità individuale vacilla.