Una Partita a Scacchi (200 metri IV)

petra

Un giorno la verità ti casca per terra come un termometro quando eri bambino, si spacca ed esce questa infida palla di mercurio che tenti di raccogliere con le mani e ti dispiaci del suo moltiplicarsi perchè ti sembra viva e inafferrabile, però sei anche orgoglioso di avere quella strana sensazione nuova, come di aver assistito al muoversi frattale di un segreto, al dispiegarsi di una metafora portante. E’ stato proprio all’incrocio tra la via dei Gelsi e quella dei Castani che ho avuto questa sciocca epifania retroattiva.

Il giorno che comprai casa nel mio quartiere la sensazione era netta, ben distinta dal resto delle circostanze, eppure totalmente illeggibile ai miei occhi. Mi accontentai di andarmene con l’impressione di aver fatto la cosa giusta, come rispettando qualcosa che mi sovrastava nel cielo dei significati.

Quando produci i tuoi sogni più profondi dovresti stare attento, e invece sei regolarmente confinato nel plastico fittizio che la coscienza crea del mondo, tu separato dal resto che interpreti le traiettorie degli eventi in un universo gigantesco, l’immagine ricorda vagamente quella della solitudine del portiere sul campo di gioco. Ciò che sogni all’oscuro è il dio che ti plasma, la grande partita a scacchi che ti muove e che tu smuovi di rimando. Un mucchietto di eventi acquistano significato anche se non puoi più farci nulla, nulla che non sia un dottorato precario alla cattedra dell’invisibile.

Così, prima di venirci a vivere in pianta stabile, il quartiere per me era già stato una serie di cose casuali, slegate tra sé e ambivalenti, come la presenza dei miei carrozzieri e meccanici di fiducia, oppure il fastidio del perdermi rituale sulla falsa pianta romana delle strade e i ricordi pasoliniani a corredo, il pensiero di star attraversando caseggiati dove albergasse una vecchia mala fuori tempo di ladri e di scippatori, e poi ancora l’essere stato rapito dal romanzo Fantasmi di Vittorio Cerami, una storia avvincente in cui la protagonista muta identità e viene a vivere una sorta di rinascita esistenziale nel bozzolo popolare di una palazzina messa proprio qui nei paraggi.

Pochi giorni dopo essermi trasferito, la mia macchina girava a sinistra immettendosi nel viale trafficato quando il semiasse decise di spezzarsi netto, mollando la ferraglia tutta precisamente sulla linea delle rotaie del tram. Non ebbi nemmeno il tempo di tirare giù una madonna, potei solo scendere ed assistere a una stupefacente scena collettiva che pareva estratta da un Truman Show: dal bar di fronte partivano di corsa in tre, uno veniva a darmi una mano per spostare la macchina dal centro della strada, l’altro correva a fermare il tram cento metri a monte, un terzo chiamava il proprietario di un’auto parcheggiata perchè liberasse un posto dove infilare il mio catorcio azzoppato.

Ci fu poi l’intervento rapido di un meccanico nei pressi, la sostituzione di semiasse e braccetto a prezzo onestissimo, il mio sentire narrativo di aver trascorso un pomeriggio da favola e una forma di quasi-gratitudine per aver avuto l’onore di assistere al movimento coordinato di una vera mente di quartiere. Mancava ancora qualche pezzo, quel giorno, per tracciare un disegno più completo del perchè il quartiere mi avesse scelto, dopotutto. Sarà stato il 2006, forse, e io mi stavo licenziando da un lavoro che mi teneva in ostaggio da quindici anni, poco prima che si scatenasse la Grande Crisi che ha cambiato il mondo.

Leggo ancora in tutto questo la trasposta trama dei Fantasmi di Vittorio Cerami. E vedo ancora, due anni dopo, la faccia un po’ indignata del mio meccanico di fiducia che mi mostra il famoso semiasse miracoloso mentre mi spiega che qualche cazzone mi aveva montato il pezzo di un’altra macchina, e che probabilmente stavo per finire di nuovo col culo per terra in mezzo a qualche altro incrocio.

Non so perchè ma non me la presi affatto, pensai solo ancora, testardamente, di essere nel giusto, per quel nulla che ciò può rappresentare. E la partita a scacchi continua, sfumando nel dolce improbabile.

2 risposte a “Una Partita a Scacchi (200 metri IV)

  1. ah, ecco, stavo per scriverti che il delirio buonista e oracolante da tutte le parti m’aveva fatto salire la glicemia. invece per fortuna il buon samaritano t’ha montato il pezzo d’un altra macchina e ciò almeno un po’ mi riconcilia con la tua scrittura e con l’umanità sghemba di questo mondo
    : ))

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