
Katey Sagal Sons of Anarchy
Uno sguardo solleva, un altro sotterra, il limite è una suggestione ideale, si fa prima a vivere la vita fino in fondo e non c’è altra soluzione che arrendersi al destino discendente che ci espelle.
E’ quasi impossibile dire qualcosa su una narrazione da cento puntate senza commettere peccato di Spoiler. Sons of Anarchy mi ha avvinto in una lunga sessione onirica che è durata oltre venti giorni fino a svuotarmi del tutto, rendendomi incapace di appassionarmi ad altro. I tormenti delle identificazioni narrative sono vasti e infidi, una specie di richiamo profondo scorre lì davanti in una maschera di plasma visuale, si rischia la rapina di se stessi, non si può tirare il fiato un attimo. La lunga storia di Jax e Gemma Teller e della banda dei Sons non fa prigionieri.
La vicenda si confeziona come un lungo e tormentato noir agito da una banda di motociclisti californiani, i Sons of Anarchy, che si sostentano come distributori di armi nei traffici locali della bassa California. Lo script è costruito con profondità di taglio dostoevskjiana, si lotta per affermare se stessi, la propria famiglia, gli ideali, ma soprattutto per liberarsi dall’ombra del Male. I Sons non sono cattivi, amano il viaggio, le moto, la libertà di essere, i legami di onore e fratellanza del gruppo tribale e per vivere così sono costretti a vigilare sul territorio della propria contea per difendersi dalle irruzioni di altri codici civili, da altre bande, dalle ipocrisie criminali dell’FBI.
La narrazione comincia dalla lettura del diario postumo di John Teller, fondatore del club motociclistico, che ne raccoglie lo spirito originario e ne critica la deriva criminale fine a se stessa che ha assunto nel corso degli anni. John è morto in circostanze misteriose mentre cercava di manovrare gli affari della gang per dare un futuro tranquillo ai Sons, è qui che entra in scena Jackson detto Jax, mentre si immerge nelle rivelazioni inconfessabili del padre estinto e ne prende su di sé l’ambiguo bastone di comando che lo proietterà al centro del conflitto cardinale.
E’ una guerra senza quartiere quella rappresentata a più livelli di significazione: guerra tra codice tribale e collettivo sociale, tra fedeltà e tradimento, desiderio e principio di realtà, sociopatia e conformismo, vendetta e perdono.
Gemma è il terzo lato oscuro del triangolo tribale che governa la gang, moglie e madre che regna negli affetti di tutti come tessendo una tela antica che mescola amore e desiderio smodato di possesso, forza e fragilità estrema, slanci protettivi e impulsività violenta. Personaggi laterali a questa supervicenda sono una lunga sfilata di caratteri costruiti con grande abilità narrativa, ognuno segnato da una linea di frattura labile su cui cercare un impossibile equilibrio, ognuno con un conto alla rovescia pronto ad azzerarsi contro il muro del destino o di un tradimento.
La serie è finita, non voglio aggiungere altro che una vaga commozione, e montare ancora su questa dannata Harley Davidson con la lunga, bellissima colonna sonora di rock storico e viscerale che m’accompagna, così come sto facendo ora nella nebbia che sale verso il mio terrazzo qui fuori, il motore che ho scelto per andarmene in vacanza da tutto.
I fan club della serie hanno montato decine di versioni della lista dei brani, cito qui alcune delle ottime Cover che la fanno da protagonista nelle prime due serie:
mmm… quindi me lo consigli. ma per intenderci (se li hai visti) è al livello di breaking bad, di fargo o di quello dei due detective che uno è l’attore di Dallas Buyers Club e non mi ricordo il titolo?
io me lo consiglierei si, al max livello, con te avrei qualche dubbio in effetti.