A guardarlo di lontano, mentre pieno di colpa annaspi nei parcheggi che si negano, l’arrivo a piedi della signora Mariano davanti alla scuola somiglia a un attentato di quelli venuti male, come una grande esplosione di enfasi collettiva impallata dal rumore della mezza giornata che carica, scarica e se ne fotte assai dei comuni cristiani. Che vivano, che muoiano, basta che lascino velocemente il posto ad ulteriori aggiornamenti in tempo reale.
Ci rifletti, tutto sommato, così la colpa molla un po’ la presa e tu compensi col respiro, un paio di sfiatate da bravo cetaceo, lasci il volante girato e blocchi la vettura dove forse passeresti ma invece non passi per non perderti la scena, fai gesti di disappunto che non provi ma resti lì e non sai se devi scendere o altro, tra la minicar di una Vampetta sedicenne che teme di strisciare e il furgone del tizio nerboruto che scarica lattine e merendine in mezzo alla strada.
L’estro assassino della signora Mariano, benchè rimpicciolito dalla distanza, arriva bene anche senza il supporto dell’audio, si nota quel tipico frullare italiano di gesti che accompagnano un’urlata e una serie di minacce, tu incantato analizzi l’oscena scomposizione delle mimiche della brutta faccia sua e tutto l’assembramento ambivalente di genitori, insegnanti, studenti e semplici passanti che scappano-accorrono sul luogo dell’incidente. Si vedono teste isolate che fanno di sì e altre di no mentre due vigili s’avvicinano come passeggiando trasognati a Nizza e già i primi smartphone impennati sulla linea delle stature riprendono la scena dall’alto.
La signora Mariano la conosci appena di sfuggita, anche se da dire ce ne sarebbe. Ma Che succede? Perchè non ci muoviamo? Sa mica dov’è il problema? Chiede in una raffica ansiosa la Vampetta, sporgendo il collo lungo dal finestrino minuscolo che sembra una luce di servizio per polli in batteria. La signora Mariano invece la conosci bene, diciamo che l’hai spizzata un paio di volte da sotto il torbido della doccia, te la sei immaginata lì a un fiato da te con gli occhi chiusi e la faccia grinzosa nascosta dal getto d’acqua, le grandi tette Goodyear che ti premevano addosso, hai pensato che posta lì senza conseguenze te la saresti fatta pure, via, invece hai chiesto scusa e sei uscito dalla cabina vaporosa senza nemmeno salutare.
Adesso laggiù, nel cortile della scuola, non si capisce più bene cosa stia avvenendo, per questo spingi via la portiera e ti proietti fuori vicinissimo alla polla della minicar, cui fai un gesto talmente enigmatico che quella rimane fissa con la mascella appesa e tu le passi un buffetto sui capelli che cadono fuori, il tizio del furgone è sparito col suo carrello lasciando aperto così puoi scartare dal cellophane una lattina di Coca appiccicosa e andare avanti verso l’epicentro dei fatti che contano. Ti destreggi tutto sommato con grazia nel metallo a pressione del parcheggio, finchè nessuno ti nota sei sempre stato l’uomo migliore del mondo in effetti.
Ti pare di ricordare nel frattempo che il figlio della signora sia compagno di banco di tuo figlio, o qualcosa del genere, mentre appare chiaro comunque come la scena stia montando piuttosto che sparecchiare: i vigili hanno tirato fuori un taccuino e in due o tre si sono girati al cellulare con quel gesto assurdo di portarsi la mano al labiale che fanno i calciatori per non farsi leggere il parlato, la Mariano ha invece alzato il falsetto di un’ulteriore ottava mentre non c’è ancora traccia della postura depressa di tuo figlio, il che concede ancora tempo per non avere un’opinione del quarantotto che avviene.
Allah Akbar hanno gridato! E’ quell’idiota del geometra Rambaudi che ha detto la sua, uno che si sforza sempre di ridere per connotare sortendo un orribile effetto paradosso, devi essere solo tu che l’hai colto in questo braccio d’universo e la cosa ti irrita all’inverosimile, sei arrivato nel cerchio esterno degli sfaccendati che formulano ipotesi a distanza di sicurezza. La signora intanto ha afferrato per le spalle il Mariano junior e lo lancia verso la preside o lo riprende alternativamente nel cavo abnorme delle proprie grandi tette, alcuni nigeriani hanno posato i borsoni e si sono accoccolati fiduciosi al suolo come a una fermata di Ougadougu.
Stappi la lattina e bevi la Coca Cola calda, come una specie di bancomat affettuoso devi farti trattare, è per il bene suo naturalmente, tu contro di lui che saresti un po’ come quell’apache che combatte con una mano legata dietro la schiena, perciò adesso hai una paura fottuta che da scuola stia per venir fuori proprio tuo figlio, uno che ha la straordinaria capacità di seminare casini intorno, uno ormai esperto che come gli americani girano pronti a mandare avanti l’avvocato così lui fa con lo psicologo.
La lista dei tuoi peccati originali s’allunga, il tempo di reazione s’impenna a dismisura tra ciò che sai e ciò che ti serve realmente per vivere e fa di te un perdente, non ci sono figli depressi che tengano, e che ora intorno a te sia pieno di gente senza qualità attratta dalla visione di non si sa bene quale scandalo lì di fronte, ognuno con la propria sfiga infilata nella banalità del male dei commenti espressi, non è un mezzo gaudio come non lo era affatto la Mariano capitata sotto la doccia.
Al colmo di quello che non sta succedendo, compreso tuo figlio che continua a tardare, compresa la signora che s’è un po’ placata, si direbbe, a giudicare da come ora tiene stretto tra le mortali tette il collo della propria creatura, arrivano facendosi largo a spintoni anche due Marò mimetici altissimi e fighissimi. I primi impazienti spettatori cominciano invece ad andarsene ripiegati sugli smartphone, tu con la coda dell’occhio vedi un carro attrezzi che sta agganciando la tua macchina e non hai nemmeno voglia di discutere, o meglio l’avresti ma forse non è proprio giusto il concetto, più che altro meneresti le mani a casaccio per colpirne più possibili e quindi come tutti, dopotutto, ti tieni la sfiga che atterrisce fino al completo fermo cinetico.
Dopo che sei rimasto quasi solo nel cerchio esterno ad osservare gli ultimi fuochi dei fatti che contano, mentre alla fine anche tuo figlio si degna di venir fuori dall’edificio camminando con l’attenzione maniacale di un millepiedi, arriva una troupe del TG regionale e ti ritrovi come niente un microfono sotto il grugno. Sai solo banalità, cose come che la sfiga ci vede benissimo ma non lo puoi dichiarare, assisti infine a quello che doveva evidentemente succedere e che per mancanza di fede e pazienza quasi tutti i fuoriusciti dal cerchio si perderanno.
Scendendo gli ultimi gradini della scalinata scolastica in realtà, il sangue del tuo sangue pare una specie di Wanda Osiris bipolare, da un lato procede lento e autocentrato come un oscuro movimento intestinale, dall’altro di sottecchi studia attentamente l’effetto sociale che fa e a un certo punto si ferma, infila una mano in tasca e ne trae un petardo rosso, un affarino da nulla che in un attimo viene sfregato contro un muretto e lanciato lontano in un cespuglio e che fa un botto inimmaginabile, davvero, a giudicare da come la scena collettiva si sospenda totalmente tra gli attimi che contano, ma non di meno da come arriva di corsa un ragazzino col geo-localizzatore Android e urla che l’esplosione viene da lì, da lì, cioè da est, in direzione precisa di La Mecca.
E adesso il tempo che riprende fiato e i Marò che scattano di corsa a oriente spianando i fuciloni, qualche signora che urla e la Mariano che si butta per terra come un centravanti della Juventus raggiunta l’area di rigore, ma ancora tu che col microfono voglioso sotto le labbra decidi di farla finita davvero.
E pure quel coglione intervistato che appare in video davanti alla scuola mentre aspetta il figlio in ritardo, in un bar a due isolati di distanza, e che alla diretta-news che scalpita non sa far altro che mormorare: Allah ù Akbar.
In due minuti di lettura il catalogo completo e dettagliato di tutte le piccole e grandi follie/fobie collettive che ci governano, analizzate col solito sguardo tuo un po’ attonito e “galleggiante”: protagonista e spettatore insieme. 🙂
era solo voglia di Pinsa 🙂
fantastico! si sorride e si ride ma si ammira anche lo stile effervescente, l’occhio a punta di spillo che registra con insofferenza robotica…
quello di Insofferenza Robotica è un concetto che spacca, davvero, andrebbe integrato subito nel DSM-V 😀