Ogni Martedì del Mondo

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Certe mattine il mio quartiere si sveglia lentamente, per poche decine di minuti rimane così, plastico e possibilista come la serranda a mezz’asta del primo negozio del viale, un tableau vivant di indigeni e strade che si incrociano sul presto per dare inizio alla rappresentazione degli affari del mondo.

L’altro giorno camminavo stretto nel bavero verso il miraggio di un cappuccino bollente quando una vecchina in vestaglia a fiori vintage mi si è aggrappata addosso sbucando da un cancelletto, era una di quelle vecchine minuscole, semicentenarie che paiono uccellini frullati dal nido e aveva il peso specifico delle piume, una forza sorprendente che mi si è avvolta stretta tra le braccia e la spalla pretendendo di sapere.

Chiedeva con voce chiara e ferma che giorno fosse mai quello, io le ho detto e ripetuto il tal febbraio dell’anno in corso ma lei non ne voleva sapere, smaniava leggermente e stringeva forte le mani minuscole sul mio braccio, chiedeva piuttosto il giorno preciso della settimana tal che ci abbiamo messo 5 o 6 volte a venire a capo di una qualche comprensione. Era martedì, martedì tot febbraio non andava bene perchè la confondeva con troppi elementi inutili, voleva solo martedì, un martedì qualunque.

Così si è staccata dal mio braccio e se ne è tornata in pace barcollando verso la porta di casa, molto lentamente ma con un certo equilibrio che invitava a lasciarla fare da sé. Ha biascicato ancora di qualche sventura passata e di solitudine ma senza troppa partecipazione, come se cantasse uno stereotipo o una forma di refrain che non le apparteneva più.

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