Ricordo Cesare in quella luce degli anni 90, guidavo una Tipo alimentata a gas ed ero incastrato nell’orbita degli Informatici che giravano il GRA dando l’anima per riparare le colpe del software romano. Di Grande Crisi non si parlava ancora, negli ambulatori psichiatrici intanto impazzava la diagnosi di sindrome borderline, i broker soffiavano come matti nella grande bolla finanziaria e nessuno s’era accorto che la grande faglia di un’epoca stava per dare la scossa del terzo millennio.
Cesare era il mio Gpl-man di fiducia, il meccanico ciarliero ed efficiente di viale delle Gardenie che infilava la testa nel cofano e risolveva in tempo reale tutte le mie ansie da circumnavigatore forzato dell’Urbe. Andavo da lui per il suo taglio eccentrico e vagamente ossessivo, perchè era onesto e mostrava una sincera passione per la maieutica. Così mentre regolava polmone, filtri, tubicini io ricevevo in cambio l’illusione di diventargli un po’ collega e qualche volta, confesso, davanti alla macchinetta del caffè avevo pure arringato i miei colleghi informatici sui meandri della cultura della carburazione a gas ricevendone un’oncia di prestigio.
Sono tornato a viale delle Gardenie qualche settimana fa, non ho capito se Cesare mi abbia riconosciuto o meno ma abbiamo ricominciato a frequentarci, così coetanei e imbiancati dal tempo trascorso come siamo oggi. Lui mi è parso una versione post-moderna del se stesso che conoscevo, puntuale, ciarliero e affabile come ai tempi ma solo in condominio alternato con un nuovo essere fatto di incostanza, di toni depressivi e dimenticanze.
Non sembra che si sia stancato di lavorare, piuttosto mostra la ciclotimia tipica degli odierni, un giorno ti accoglie come il vecchio affabile compagno di strada, l’altro ti tratta come l’ultimo dei seccanti sconosciuti che bussano alla sua porta. Sono tre volte che passo, la mia nuova Punto Gpl ha un piccolo difetto alla carburazione del minimo e Cesare non riesce a sistemarlo ma io non cambierò meccanico. Sarà il gas che ci ha stonato o le mie fantasie crepuscolari, non saprei dire, però è più di una volta che ho l’impressione che lui sia passato al partito degli psicofarmaci.
Chi frequenta le cartelle cliniche del disagio psico-sociale oggi, in effetti, è costretto a notare l’impennata delle diagnosi di Disturbo Bipolare dell’Umore che c’è stata negli ultimi dieci anni di nosografia clinica, con buona pace delle case farmaceutiche che si sono scatenate nella produzione di farmaci acconci. Con buona pace di Cesare, del terzo millennio e pure mia in definitiva, che cerco ancora di capire come s’avvinghiano natura, cultura e lobbies nel corpo a corpo della salute mentale media che gira.
- Copertina: opera di Gomez, Museo della Mente – Parco di S. Maria della Pietà, Roma
se ci mettiamo a parlare della salute mentale di questa società, non riuscirei più a distinguere o a definire il concetto di normalità, visto che il concetto di malattia, ora come ore, è diventato un business e non più l’esito di un giuramento ormai tradito…
Sempre felice di leggerti !!!
è sempre un piacere mio caro, la società liquida è il regno dell’acting out che sostituisce il -sentire- in effetti, le emozioni sono processi che rallentano i processi e il pover’uomo post-moderno non se le può più permettere.
Amen e un abbraccio 🙂