Gesto rude e complicato scendere alla città vecchia di fine agosto, fare a spallate dentro una bolla umida e gravescente di turisti affamati, gruppi organizzati di ogni mondo che sciamano sul ponticello di pietra sopra il vecchio fossato, dentro l’aria naturale del sistema fognario medievale ancora ben sveglio e attivo.
Ragusa di Dalmazia, meglio nota come Dubrovnik, è una città di pietra e tegole dal piglio levantino, un piccolo sogno civico costruito su molte linee di frattura geo-politiche, uno di quegli speciali luoghi al mondo dove è prosperata giocoforza l’arte del sopravvivere, dell’integrare popoli, culture e destini. E’ così che si diventa grandi e ombrosi, in un cerchio di bastioni d’anima che svettano oltre ogni mossa.
La vecchia città medievale, racchiusa tra mura ciclopiche, fu fondata dai romano-adriatici come difesa ultima dalle dalle scorrerie degli Slavi, intorno al VII secolo d.c. Negoziò nel tempo la propria autonomia politica a suon di tasse con Veneziani, Ottomani, Ungheresi, Napoleonici, sopravvisse al pesante bombardamento Serbo del 90 senza arrendersi, fino a “cadere” oggi sotto l’incursione seriale delle troupe televisive del Trono di Spade, oltre che all’assalto coordinato di turisti e ristoratori selvaggi.
E dunque, senza sapere di chi sia veramente la città se non di ognuno passato di qui, soltanto in rara solitudine dopo le 11 di sera, oppure dall’alto delle mura vertiginose nella passeggiata urbana più spettacolare del mediterraneo, è solo così che Ragusa vi prende l’anima e stringe, in rigorosa prospettiva.
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posti meravigliosi che trattengono tutta l’anima che hanno da millenni, e proprio per questo te la donano con tutto il suo profumo
già, soprattutto dove c’è stato conflitto, l’Anima mundi ingigantisce.